a cura dell ’Avv. Giovanni Meliadò e dell ’Avv. Antonella Marzio Studio Legale Meliadò
La Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con una recente Sentenza, numero 16993, pubblicata il 20 agosto 2015, si è ancora una volta pronunciata in materia di responsabilità medica.
Il contenzioso da cui ha avuto origine la pronuncia, riguarda una richiesta di risarcimento dei danni sofferti da una paziente, a causa del comportamento omissivo del medico ginecologo, e in particolare in conseguenza della formulazione tardiva della diagnosi di carcinoma all’utero.
Gli eredi della signora, ricorrenti, si lamentavano, del fatto che la tardività della diagnosi, e quindi la condotta omissiva del sanitario, avesse inciso sulla possibilità della paziente di godere di una maggiore durata di sopravvivenza e di condizioni migliori di vita.
La Cassazione, in detto contenzioso, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del c.d. danno tanatologico consistente nelle maggiori sofferenze patite dalla vittima prima di morire e durante l’agonia a causa del comportamento omissivo del medico.
Al riguardo la Cassazione ha precisato e riaffermato alcuni principi, quali:
- l’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale cagiona al paziente un danno in ragione della circostanza che nelle more egli non ha potuto fruire di interventi c.d. palliativi, dovendo conseguentemente sopportare il dolore che la tempestiva esecuzione dell’intervento palliativo avrebbe potuto alleviargli;
- il danno risarcibile alla persona va ravvisato anche nella mera perdita della chance di vivere un (anche breve) periodo di tempo in più rispetto a quello poi effettivamente vissuto, ovvero anche solo nella chance di conservare, durante quel decorso, una “migliore qualità della vita”;
- il danno per il paziente consegue pure alla mera perdita della possibilità di scegliere, alla stregua delle conoscenze mediche del tempo, “cosa fare” per fruire della salute residua fino all’esito infausto.
La Corte di Cassazione ha, quindi, dato prevalenza a detti principi, rispetto a quanto sostenuto dal medico e dai Giudici del precedente grado del giudizio e precisamente al fatto che “poco o nulla sarebbe cambiato circa il decorso clinico”, con specifico riferimento alla forma tumorale, “particolarmente maligna e aggressiva”.
La Cassazione, con la Sentenza n. 16993 del 2015, ha inteso quindi tutelare il diritto al c.d. “danno tanatologico” quale danno subito dalla vittima per la sofferenza provata nell’avvertire consapevolmente l’approssimarsi della propria fine. Danno già riconosciuto dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite anche se tra pronunce in parte contrastanti che hanno limitato il risarcimento del danno nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo (Cass. Sezioni Unite 22/07/2015 n. 1530) ma che non divergono qualora vi sia un apprezzabile lasso di tempo di vita del danneggiato.
Diviene, quindi, fondamentale valutare e distinguere quando vi sia un lasso di tempo di vita apprezzabile del danneggiato, che faccia nascere e proteggere i diritti “a una migliore qualità di vita”, alla salute e alla scelta sul “cosa fare”, rispetto alle ipotesi in cui questo lasso di tempo non si concretizzi.