A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
“In tema di attività medico-chirurgica, grava sul sanitario che esegua un esame diagnostico la responsabilità di leggere correttamente le relative immagini, senza che la carenza della necessaria specializzazione possa escludere la colpa per una erronea lettura dei suoi esiti, dovendo questi, ove insorgano dubbi, nella consapevolezza dei limiti derivanti dalla propria competenza settoriale e della mancanza di ulteriori strumenti di opportuna indagine, indirizzare il paziente presso strutture in grado di risolvere tempestivamente la criticità diagnostica in quanto, opinando diversamente, la grave imperizia della condotta posta in essere si tradurrebbe in un ingiustificato vuoto di tutela”.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione attraverso l’Ordinanza n. 17410/2023, che ha respinto il ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, la quale aveva confermato la condanna al risarcimento dei danni inflitta dal Tribunale a un ginecologo, ritenuto responsabile della morte di una paziente dovuta a un errore diagnostico. Il medico aveva scambiato una “cisti liquida” inesistente con un “quadro morfologico di deterioramento della parete intestinale”.
La Corte d’Appello aveva infatti sottolineato che una corretta interpretazione dell’ecografia avrebbe dovuto spingere il ginecologo a collegare i sospetti diagnostici ai forti dolori addominali riportati dalla paziente, indirizzandola verso un immediato ricovero ospedaliero per ulteriori accertamenti.
Il ginecologo aveva sostenuto che la Corte territoriale non avesse considerato la sua specializzazione, il che avrebbe dovuto escludere la sua responsabilità per imperizia nella refertazione ecografica e nell’errore diagnostico. Tuttavia, tale argomentazione non è stata accolta. La Corte Suprema ha stabilito che il ginecologo aveva l’obbligo di interpretare correttamente le immagini ecografiche, oltre alla responsabilità di correlare tali immagini con l’anamnesi specifica della paziente, così da indirizzarla tempestivamente verso strutture in grado di affrontare la criticità diagnostica.
Da ciò discende il principio stabilito dall’Ordinanza, secondo cui una specializzazione diversa non esime dalla responsabilità chi esegue un esame diagnostico e commette un errore nella refertazione, non indirizzando il paziente verso ulteriori approfondimenti con la necessaria prudenza e tempestività.
Questo principio è stato ribadito più volte dalla Corte di Cassazione. Basti ricordare la sentenza n. 37728/2022, che afferma come il medico radiologo, al pari di altri professionisti sanitari, sia soggetto alla diligenza specifica prevista dall’art. 1176, comma 2, del codice civile. Il medico non può limitarsi a una lettura formale dei risultati dell’esame diagnostico, ma, quando gli esiti lo suggeriscono, è tenuto a promuovere ulteriori approfondimenti, indicando al paziente la necessità di eseguire esami più adeguati e approfonditi.