A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Con una recentissima pronuncia (cfr. Ordinanza 12 Ottobre 2022 n. 29760/2022) la Cassazione ha chiarito, peraltro ribadendo, il concetto che, il dies a quo della prescrizione per l’azione di risarcimento del danno da malpractice medica, inizia a decorrere dal momento in cui si ha la percezione della malattia, non da quando la stessa si aggrava.
Nella vicenda dalla quale è derivata la pronuncia, un paziente, nell’anno 1991 a seguito di un incidente stradale veniva ricoverato e sottoposto a due interventi chirurgici. In occasione del primo intervento i sanitari, con colpa, gli cagionavano una lesione neurologica consistente nella lesione del plesso brachiale dalla quale scaturivano postumi invalidanti, a seguito dei quali, si rendeva necessario un secondo intervento chirurgico per neuro lisi del plesso brachiale presso altra struttura circa un anno dopo il primo intervento.
A seguito della malpractice subìta in sede di primo intervento, il paziente conveniva in giudizio l’Asl responsabile per chiedere il risarcimento di danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti.
Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo decorso il termine di prescrizione del diritto a risarcimento del danno. La lesione nervosa posta in essere dai sanitari in occasione dell’intervento del 1991 è stata confermata in occasione del successivo intervento eseguito in Francia nell’aprile del 1992. Infatti, il Giudice di prime cure chiariva come il paziente già a quell’epoca avrebbe potuto, con l’ordinaria diligenza, comprendere la rilevanza e l’estensione naturalistica e giuridica della lesione per azionare il giudizio risarcitorio.
Il Paziente impugnava la Sentenza del Tribunale dinanzi la competente Corte d’Appello che, tuttavia, confermava la Sentenza di primo grado.
A questo punto il Paziente adiva la Suprema Corte di Cassazione, contestando la decisione che per la seconda volta lo aveva visto soccombente per omessa motivazione su un fatto decisivo e falsa applicazione del principio sulla “normale diligenza dell’uomo medio”, in relazione alla decorrenza dei termini di prescrizione.
Per il ricorrente la Corte d’Appello avrebbe errato nel fissare al 3 aprile 1992 la decorrenza della prescrizione del diritto risarcitorio, a causa del mancato esame della documentazione prodotta in giudizio, comprendente una relazione medica e diverse consulenze specialistiche dalle quali non è mai emersa riferibilità alcuna alla lesione del 1991. Infatti il Paziente riteneva che nel 1992 non avrebbe potuto attivare, con l’ordinaria diligenza, l’azione risarcitoria perché in quel momento non vi erano indicatori della correlazione con l’intervento dell’anno precedente.
La Cassazione con pronuncia depositata nell’Ottobre del 2022 ha dichiarato inammissibile il Ricorso, alla luce dell’inammissibilità dei due motivi sollevati. Deve ritenersi infatti consolidato il principio di diritto secondo il quale “il termine di prescrizione diritto al risarcimento del danno da responsabilità medico-chirurgica decorre, a norma degli articoli 2935 e 2947, primo comma, c.c., dal momento in cui la malattia viene percepita o può esserlo, con l’uso dell’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo.”
Con i motivi di ricorso il paziente non ha denunciato la disapplicazione o la non corretta applicazione del principio di rito menzionato, ma ha formulato un apprezzamento di merito desumibile dall’esame della documentazione sanitaria prodotta e alternativo a quello compiuto dalla Corte di appello. Apprezzamento in base al quale il momento della percezione esatta della patologia in relazione alla decorrenza del termine prescrizionale, avrebbe dovuto essere fissato, a suo dire, non nel 1992, bensì negli anni 2016 – 2017, anni in cui in realtà si è verificato l’aggravamento delle sue condizioni di salute. La doglianza però non considera che la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove è attività riservata al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità.