A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Con un recente interpretazione la Suprema Corte ha annullato la sentenza del 28 marzo 2023, emessa dalla Corte d’Appello di Napoli che aveva confermato la condanna di un ginecologo, per il reato di interruzione colposa di gravidanza, ai sensi dell’art. 593-bis c.p., in danno della Paziente.
La Corte d’Appello, confermando la Sentenza di primo grado, aveva ritenuto che il medico avesse negligentemente provocato l’interruzione della gravidanza gemellare monocoriale biamniotica della paziente, diagnosticando una significativa restrizione della crescita dei feti il 29 maggio 2017, ma non inviando la donna in un idoneo luogo di cura. Di conseguenza, il 7 giugno 2017, i tracciati cardiotocografici hanno rilevato l’assenza di battito cardiaco nei feti, che sono stati estratti premorti tramite cesareo.
Il difensore dell’imputato ha presentato Ricorso per Cassazione, lamentando diversi punti. In primo luogo, ha criticato la motivazione della Corte per aver respinto la richiesta di una nuova perizia che avrebbe potuto fornire elementi essenziali per stabilire il nesso eziologico tra la condotta del medico e l’evento dannoso, sostenendo come, la consulenza tecnica su cui si è basata la condanna è stata condotta in violazione delle linee guida, senza un’adeguata analisi della placenta, elemento cruciale per determinare la causa della morte dei feti.
In secondo luogo, il difensore ha contestato il giudizio controfattuale adottato dalla Corte, che avrebbe erroneamente stabilito la responsabilità del medico, sottolineando come, anche un immediato ricovero della paziente non avrebbe evitato la morte del primo feto, ma avrebbe potuto, al massimo, fungere da segnale per salvare il secondo feto, la cui morte rimaneva comunque un evento potenzialmente imprevedibile. Pertanto, la condotta omissiva del medico non può essere considerata con certezza come salvifica.
Infine, è stata criticata l’erronea valutazione della causalità della colpa da parte dei giudici, che non hanno adeguatamente considerato i dati indiziari disponibili. Secondo la difesa, i giudici avrebbero dovuto verificare se, ipotizzando come realizzata la condotta dovuta dal medico, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito con ragionevole certezza. La mancata analisi approfondita delle cause della morte dei feti ha creato un vuoto motivazionale nella sentenza impugnata.
La difesa ha inoltre evidenziato che il Medico aveva prescritto il ricovero della paziente presso l’Ospedale, ma la paziente ha rifiutato il ricovero per impegni lavorativi. Questa circostanza, secondo la difesa, avrebbe dovuto sollevare il medico da ogni responsabilità penale, poiché non poteva imporre un ricovero coatto.
La Corte di Cassazione, Sezione 4 Penale con Sentenza del 29 maggio 2024 n. 21030 ha chiarito come: “In tema di nesso di causalità, il giudizio controfattuale, imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, ove eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento, richiede il preliminare accertamento di ciò che è naturalisticamente accaduto (cd. giudizio esplicativo), al fine di verificare, sulla base di tale ricostruzione, se la condotta omessa può valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione all’evitabilità dell’evento, ovvero alla sua verificazione in epoca significativamente posteriore (cfr. Sez. 4, n. 416 del 12 novembre 2021 – dep. 2022, Rv. 282559-01)” e quindi in applicazione al caso di specie: “Tanto non è stato fatto dai giudici territoriali, i quali, nella sostanza, hanno concluso nel senso della certezza del ruolo salvifico della condotta omissiva addebitata all’imputato sulla scorta di considerazioni largamente ipotetiche e congetturali.”
Secondo la Suprema Corte, quindi, la Corte d’Appello ha omesso di argomentare adeguatamente riguardo alla certezza del ruolo salvifico della condotta omessa, trascurando di valutare le osservazioni dei consulenti della difesa, che avevano ipotizzato una degenerazione placentare preesistente al ricovero della paziente. La sentenza non ha approfondito le cause della morte dei feti, che sarebbe stata necessaria per un corretto giudizio controfattuale, indispensabile per determinare la responsabilità del medico.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato il caso al giudice di merito per un nuovo giudizio, conforme ai principi enunciati, con particolare attenzione all’accertamento del nesso causale e alla ricostruzione della sequenza fattuale che ha condotto all’evento.