AGGIORNAMENTO GIURIDICO
A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Trattiamo oggi due importanti aspetti in tema di responsabilità medica che, nella successione di Leggi erano in attesa di un contributo giurisprudenziale, offerto in giugno dalla Suprema Corte con la Sentenza 28102/2019, la quale ha chiarito i concetti della non punibilità del medico in assenza di una perizia (che non può essere solo quella di parte) e dell’equivalenza nell’attuazione delle linee guida, nella legge Balduzzi e Gelli-Bianco.
I fatti che hanno portato alla predetta Sentenza hanno visto un medico ricevere una condanna per lesioni colpose, poiché eseguì nel 2011 un intervento chirurgico nei confronti di una paziente omettendo ulteriori approfondimenti radiografici per una più accurata definizione dell’anatomia del sito operatorio, provocandole una lesione irreversibile del nervo linguale.
Secondo la Cassazione però, non si può condannare un medico per lesioni personali al paziente senza disporre una perizia che, in questo caso, era solo quella di parte civile, ovvero, non si può dichiarare colpevole il sanitario quando l’unico supporto scientifico è, appunto, la consulenza di parte civile e il giudice non abbia spiegato perché quei rilievi sono esaustivi e incontrovertibili.
Nel caso di specie la Corte d’Appello ignorava un contributo peritale d’ufficio.
Inoltre secondo la Suprema Corte è impossibile ignorare come, in tema di responsabilità medica rispetto a un fatto compiuto nel 2011 si siano succedute il decreto Balduzzi e la legge Gelli-Bianco, entrambi più favorevoli alla disciplina previgente, avendo appunto la Corte d’Appello non considerato tale dato alla stregua del principio del favor rei.
Vieppiù che, la Corte ha stabilito, nell’ ambito della colpa da imperizia nella fase attuativa delle linee guida, sia il Decreto Balduzzi che la Legge Gelli Bianco, debbano ritenersi equivalenti in caso di errore determinato da colpa lieve, giungendo entrambe le leggi ad un verdetto liberatorio.
Secondo la sentenza “il sapere scientifico costituisce un indispensabile strumento al servizio del giudice di merito, il quale dovrà però valutare l’autorità scientifica dell’esperto che trasferisce nel processo la sua conoscenza delle leggi scientifiche nonché comprendere se gli enunciati che vengono proposti trovino comune accettazione nell’ ambito della comunità scientifica”.
“Il giudice – prosegue la Cassazione – deve esaminare le basi fattuali sulle quali le argomentazioni del perito sono state condotte; l’ampiezza, la rigorosità e l’oggettività della ricerca; l’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica e il grado di consenso che le tesi sostenute dall’ esperto raccolgono nell’ ambito della comunità scientifica, fermo rimanendo che, ai fini della ricostruzione del nesso causale, è utilizzabile anche una legge scientifica che non sia unanimemente riconosciuta, essendo sufficiente il ricorso alle acquisizioni maggiormente accolte o generalmente condivise, attesa la diffusa consapevolezza della relatività e mutabilità delle conoscenze scientifiche”.
La Suprema Corte ha quindi chiarito come il giudice di legittimità, infatti, non sia giudice del sapere scientifico e non detenga proprie conoscenze privilegiate, di talché esso non può, ad esempio, essere chiamato a decidere se una legge scientifica, di cui si postuli l’utilizzabilità nell’ inferenza probatoria, sia o meno fondata.
Sul concetto del favor rei, ha poi specificato come, nel caso di specie, essendosi alternate addirittura tre normative differenti, sia il decreto Balduzzi che la legge Gelli-Bianco prevedano invece delle limitazioni alla responsabilità del medico, sconosciute al regime originario e costituiscano entrambe pertanto, la legge più favorevole, nell’ ottica delineata dall’art. 2 cod. pen”.
La Suprema Corte ha quindi rinviato la decisione al nuovo esame della Corte d’Appello al fine di stabilire:
“se l’atto medico sub costituisse, all’ epoca in cui è stata posta in essere la condotta, oggetto di linee-guida; cosa queste ultime prescrivessero; in mancanza, se vi fossero, al riguardo, buone-pratiche clinico assistenziali; se l’imputato si sia determinato sulla base di linee- guida o di buone pratiche clinico-assistenziali adeguate al caso concreto; nell’ affermativa, se l’imputato si sia attenuto ad esse o meno; se sia configurabile, nel suo operato, una colpa; se quest’ultima sia da considerarsi lieve o grave”.