A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Con una recentissima Sentenza della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 3 febbraio 2021, n. 4063 è stato chiarito come ai fini della sussistenza della responsabilità dell’operatore sanitario per omicidio o lesioni colpose sia necessario che il giudice offra un quadro esaustivo del caso con riferimento agli aspetti relativi alla colpa del medico ed al grado della colpa, al rapporto di causalità tra condotta ed evento e al giudizio controfattuale.
Il caso
Con sentenza del 5.11.2019, la Corte di appello di Roma aveva confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato il Sanitario colpevole del reato di omicidio colposo della paziente, deceduta a seguito di shock settico per spandimento biliare in cavità addominale secondario a micro perforazione intestinale iatrogena prodottasi in corso di colangio-pancreatografia retrograda (CPRE).
La Corte territoriale ha individuato la colpa del Medico, quale primo operatore della CPRE eseguita sulla paziente, essenzialmente nell’aver effettuato la CPRE in assenza di elementi clinici e diagnostici che esigessero la realizzazione di tale procedura, in relazione ai rischi da essa comportati.
La Corte di Cassazione valutando l’esclusione dei reati ascritti all’operatore sanitario ha principalmente chiarito come il c.d. Decreto Balduzzi, che prevede un parametro di valutazione dell’operato del sanitario costituito dalle linee-guida e dalle buone pratiche clinico-assistenziali, confermato dalla Legge 8 marzo 2017, n. 24, che modificava i termini del giudizio penale, imponga al giudice, non solo una compiuta disamina della rilevanza penale della condotta colposa ascrivibile al medico alla luce di tali parametri, ma ancor prima, una indagine che tenga conto degli stessi parametri chiarendo quello che avrebbe dovuto essere il comportamento alternativo corretto del professionista, al fine di fornire un giudizio controfattuale adeguato tra la condotta e l’evento dannoso.
La Suprema Corte ha quindi censurato la decisione del Giudice di appello considerando come: “la motivazione non si occupa in alcun modo della possibile applicazione nel caso di specie della specifica normativa rilevante in caso di colpa medica, costituita dalle note Legge “Balduzzi” e Legge “Gelli-Bianco” che si sono succedute negli ultimi anni, e quindi della problematica della eventuale colpa lieve in relazione all’indagine diagnostica eseguita dal medico nei confronti della paziente. Trattasi di una grave carenza motivazionale, atteso il condivisibile insegnamento secondo cui, in tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria, in base all’articolo 2 c.p., comma 4, la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali”.
Con l’entrata in vigore della legge del 2017, il parametro dell’imperizia ha assunto maggiore importanza ed è necessario verificare in concreto quale fosse la legge penale maggiormente favorevole con riferimento ai fatti risalenti all’epoca precedente all’ultimo intervento legislativo.
Secondo la Suprema Corte, i giudici di merito avrebbero dovuto quindi verificare l’esistenza di linee guida, stabilire il grado di colpa tenendo conto del discostamento da tali linee guida o, comunque, del grado di difficoltà dell’atto medico, stabilendo la qualità della colpa (imprudenza, negligenza o imperizia) e il suo grado al fine di verificare se il caso rientrasse in una delle previsioni più favorevoli.
La Sentenza oggi esaminata rappresenta quindi un importante chiarimento in ordine alle fondamentali tematiche in tema di responsabilità medica dei criteri sia di sussumibilità del comportamento ascritto all’operatore sanitario che della valutazione degli elementi probatori posta in essere da parte del giudice di merito.