AGGIORNAMENTO GIURIDICO
A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, (sez. V Penale, sentenza 31 maggio – 31 agosto 2017, n. 39771), ha chiarito i profili della responsabilità penale dell’ostetrica da mancata informazione al medico specialista in caso di anomalie nel tracciato cardiotocografico nel feto nascituro.
Il caso ha coinvolto due ostetriche che erano state ritenute dai giudici di primo e secondo grado responsabili per l’interruzione di gravidanza di una paziente presso la clinica privata dove le due ostetriche imputate prestavano servizio.
La paziente lamentava fortissimi dolori al ventre e le due ostetriche avevano, in effetti, eseguito i tracciati cardiotografici e, vista la gravità dei risultati, avevano avvisato telefonicamente il medico che seguiva privatamente la paziente.
I giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio avevano ritenuto però che le due dottoresse avrebbero dovuto chiedere e pretendere l’intervento del medico di guardia in servizio nella clinica e per tale motivo erano state giudicate colpevoli.
Ebbene la Suprema Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza di appello, richiamando il principio di diritto secondo cui: “…sussiste il delitto colposo di interruzione della gravidanza nel caso in cui, l’ostetrica, incaricata di assistere la donna in stato di gravidanza, ometta di informare tempestivamente il sanitario di turno nel caso in cui si verifichi una anomalia nel tracciato cardio-tocografico del feto. Tuttavia, è indispensabile la prova del nesso causale” (cfr. Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 maggio – 31 agosto 2017, n. 39771).
In principio quindi, la Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato in diritto secondo cui si configura la responsabilità penale per la mancata e tempestiva informazione al medico specialista di turno presso la struttura ospedaliera, in caso di rischi alla vita del feto quindi alla vita della madre, richiamando tra l’altro altre sentenza che avevano viste condannate ostetriche per profili analoghi.
Tuttavia la Corte ha chiarito un altro aspetto fondamentale, dando parzialmente ragione alle due imputate e stabilendo le condizioni perché vi sia una responsabilità penale dell’ostetrica per l’aborto.
Nel caso di specie, infatti, dalle consulenze tecniche non emergeva con certezza come l’intervento del medico di guardia avrebbe potuto evitare l’aborto della paziente.
Alla luce di ciò infatti la suprema Corte ha affermato quindi che non era presente “l’umana razionale certezza dell’effetto salvifico” del medico. Tanto più alla luce dell’affermazione delle dottoresse di essersi trovate dinanzi ad una “condizione patologica estremamente grave e difficilmente governabile” (cfr. Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 31 maggio – 31 agosto 2017, n. 39771).
Quindi, in assenza di una dimostrazione dei risultati positivi dell’intervento del medico, viene meno un elemento essenziale che configuri profili penalistici in capo alle due imputate, la prova necessaria del nesso causale.
La sentenza ha pertanto richiamato il giudice di merito a rivalutare il fatto, considerando altresì che le ostetriche non avevano e non hanno facoltà di scegliere il parto prematuro ma solo di informare il medico specialista, unico preposto ad effettuare la scelta d’intervento.
In conclusione si ritiene come la Corte di Cassazione abbia chiarito che, perché vi sia una responsabilità penale dell’ostetrica per l’aborto, non si può soltanto presumere che la tempestiva comunicazione al medico specialista poteva evitarne gli effetti, ma è necessario provarne lo specifico nesso causale.