AGGIORNAMENTO GIURIDICO
A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Con una recente interpretazione, (Corte di cassazione – Sezione III – Sentenza 21 agosto 2018 n.20829), la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di una Asl, tenuta in solido a rispondere per la responsabilità dei medici, ha chiarito come: “Va ridotto l’indennizzo dovuto dalla clinica e dal medico per gli errori commessi durante il parto, se sulla condizione del neonato, pur aggravata dalla condotta dei sanitari, ha inciso una precedente malattia genetica” .
Nel precedente grado di giudizio, la Corte d’Appello, aveva invece aderito alle richieste dei genitori di un bambino, nato con gravi lesioni al cervello, riconoscendo loro il diritto al 100% dell’indennizzo, in considerazione della totale incapacità lavorativa e di autogestione in cui il figlio era costretto a vivere.
Alla base della sentenza maturata in appello era stato rilevato come si fossero configurate, gravi negligenze da parte dell’equipe medica durante il parto. In primo luogo, infatti, i medici non avevano diagnosticato un distacco di placenta, né come la crescita del feto fosse avvenuta con modalità al di sotto della norma.
In sede di appello, infatti, la perizia effettuata dal CTU aveva rilevato come, la carenza di ossigeno del bambino, avrebbe dovuto indurre i sanitari a provvedere nell’ immediatezza con un parto cesareo, poi non effettuato.
Pertanto, la Corte territoriale, ha stabilito come, il danno cerebrale del neonato, anche «se originato da ignota condizione primitiva», era stato certamente aggravato dalle omissioni dei medici.
A seguito di impugnazione della predetta Sentenza da parte della Asl dinanzi la Suprema Corte di Cassazione, quest’ultima ha ritenuto degne di censura le interpretazioni operate dalla Corte territoriale, rilevando come, la patologia cerebrale di cui soffriva il neonato, per una causa non nota, fosse presente anche prima del parto e di conseguenza doveva essere considerata come «naturale e non imputabile» perché non dipendente, dal punto di vista funzionale, dalla condotta colposa dei sanitari.
È emersa pertanto, nell’ ultimo grado di giudizio, la presenza di un male originario che ha avuto «un’efficacia concausale nelle determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata».
La Cassazione ha inoltre chiarito che, la colpa dei sanitari presenti al parto, ha assunto: «una concorrente incidenza causale con il pregresso stato patologico del minore», e quindi, per i giudici, il precedente naturale aveva “interferito” per il 50% nell’evento danno.
Tuttavia, non è questa la misura sulla quale calibrare il “taglio” del risarcimento, una volta escluso qualunque automatismo riduttivo, spetta, infatti, al giudice determinare il “pregiudizio” in via equitativa, dopo una valutazione ragionevole e prudente di tutte le circostanze del caso concreto.
Infine, la Cassazione, ha inoltre chiarito ogni eventuale equivoco che potrebbe nascere circa la possibilità di decurtare il risarcimento anche in presenza dei cosiddetti “danni conseguenza”, come l’aggravamento e la morte, a causa di una cura errata o di un intervento sbagliato del medico, per effetto delle condizioni eccezionali del “paziente”, ad esempio, cardiopatico o affetto da rare allergie; non potendo, in questi casi, esserci margine per ridurre o escludere l’indennizzo in favore della vittima.