AGGIORNAMENTO GIURIDICO
A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
La Suprema Corte di Cassazione ha, negli ultimi anni, mutato orientamento in materia di risarcimento del danno alla persona; sono due pertanto i principi che il Giudice deve prendere in considerazione nella quantificazione e successiva liquidazione del danno: l’evento che ha cagionato un danno è unico con riflessi sia patrimoniali sia non patrimoniali; il quantum stabilito dal Giudice deve risarcire integralmente il soggetto danneggiato, senza arricchirlo.
Nel caso di specie, i genitori di un minore, deceduto all’età di undici anni, ricorrevano in giudizio per ottenere l’accertamento della responsabilità professionale del ginecologo sia per motivi riconducibili alla conduzione del parto, che alla successiva fase di assistenza, responsabilità accertata dai giudici di merito in entrambi i gradi del processo.
Tuttavia, in secondo grado la parte soccombente veniva condannata a risarcire il danno in una somma quantificata in maniera minore in considerazione della breve durata di vita del bambino.
Avverso tale riduzione del risarcimento, ricorrevano in Cassazione i genitori sia iure proprio che iure successionis, rilevando che il risarcimento del danno ingiusto non fosse in alcun modo influenzato dalla durata della vita del danneggiato.
La terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza numero 19864 del 22 settembre 2014, ha ricordato che “…nel liquidare il risarcimento del danno da responsabilità medica dovuta a una cattiva gestione del parto e della successiva assistenza, è possibile operare una riduzione del danno non patrimoniale in considerazione della vita reale del bambino.
Tale riduzione non costituisce una personalizzazione del danno ma un semplice dato obiettivo “che influisce sul quantum, mentre altri aspetti di questa vita menomata possono venire in considerazione se dedotti e provati, e non solo per la vittima primaria ma come danno parentale”.
Pertanto, secondo la Suprema Corte di Cassazione non si è configurata una restrizione del principio della personalizzazione del danno nel momento in cui si è tenuto conto della breve durata di vita del bambino e infatti, nel motivare la decisione, la Corte esplicitamente si è ispirata ad una precedente pronuncia (la sentenza n. 26973 dell’11 novembre 2008), richiamando il relativo principio di diritto, e cioè che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, e la persona è l’essere vivente che viene leso, anche mortalmente, e che il risarcimento equo del danno ingiusto non deve eccedere il danno reale.
Quindi, il soggetto danneggiato (il bambino) ha subito un danno risarcibile, limitatamente alla durata della sua vita terrena, poiché a seguito della sua morte i soggetti danneggiati restano i familiari e chi provi di aver subito un danno ingiusto, ovvero, un danno diverso da quello sofferto dal danneggiato principale, stimato e liquidato diversamente.
Il risarcimento del danno non patrimoniale, subito dal bambino e spettante ai genitori iure successionis, deve essere ridimensionato in considerazione della durata di vita del bambino, lasso temporale dell’effettivo pregiudizio subito dal danneggiato.