AGGIORNAMENTO GIURIDICO
A cura dell’Avvocato Giovanni Meliadò e dell’Avvocato Vincenzo Campellone
Studio Legale Meliadò
Una recentissima interpretazione della Suprema Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di malformazioni ossee a seguito di manovre praticate dal ginecologo in sede di parto.
I Genitori esercenti la potestà sul minore convennero in giudizio una Struttura Sanitaria di Padova chiedendone il risarcimento del danno derivante dalla nascita del minore con frattura all’ omero destro e paresi all’ arto superiore sinistro in intrarotazione e derivante dall’ avere il ginecologo effettuato al momento del parto la c.d. manovra di Jacquemier.
Il Tribunale di Padova adito, con sentenza di data 5 luglio 2013, a seguito di espletamento della CTU, rigettò la domanda.
Avverso detta sentenza i genitori proposero appello e, con sentenza di data 23 marzo 2017, la Corte d’appello di Venezia, dopo aver disposto nuova CTU, ha confermato la decisione del Tribunale di prime cure.
Ha osservato la corte territoriale che la CTU svolta in appello, benché avesse indicato la manovra McRobert quale manovra meno invasiva rispetto a quella di Jacquemier da mettere in opera nel caso di diagnosi di distocia di spalla, aveva tuttavia evidenziato che non esistevano studi che avessero confrontato le due manovre di seconda linea (rotazione del feto e manovra di Jacquemier), sicché non esistevano dati in base ai quali stabilire una gerarchia di condizioni secondo la quale raccomandare una manovra rispetto all’ altra.
Inoltre è emerso come il nascituro presentasse una condizione estremamente complessa caratterizzata da distocia severa e che in sede di chiarimenti resi all’ udienza del 31 marzo 2008 dal CTU questi ha evidenziato la gravità del caso derivante dall’arresto di ambedue le spalle, tale da definire la distocia “insormontabile”.
Ha osservato quindi che tale dato induceva a ritenere o che le preventive manovre meno invasive fossero state eseguite senza successo o che il ginecologo, valutata la situazione contingente e le condizioni del nascituro, peraltro con giro di funicolo intorno al collo, avesse ritenuto inidonea l’adozione di interventi di prima linea, con consequenziale rischio di ulteriore ritardo nell’ estrazione e che, conformemente alle conclusioni di entrambe le CTU, la manovra di Jacquemier era stata eseguita in modo conforme, sia pure con la complicanza della frattura dell’omero, rischio prevedibile e connesso allo specifico intervento, non imputabile a colpa dei sanitari.
Ha aggiunto la Corte territoriale che ne discendeva “un costrutto logico-giuridico della sentenza di primo grado pienamente recepibile ed escludente profili di responsabilità professionale”, con difetto probatorio del paziente circa il nesso eziologico, e che la perizia era valutabile con la limitazione di responsabilità ai sensi dell’articolo 2236 c.c., “in ragione della oggettiva sussistenza di soluzioni tecniche differenziali attuabili nella fattispecie e di speciale difficoltà stante la “severa” distocia”, concludendo nel senso che il convincimento trovava conforto nel principio di preponderanza dell’evidenza.
I Genitori, hanno proposto ricorso in Cassazione, la quale, esaminato il caso, ha rigettato il ricorso specificando come, il giudice di appello, confermando la sentenza del Tribunale, abbia evidenziato un “costrutto logico-giuridico della sentenza di primo grado pienamente recepibile ed escludente profili di responsabilità professionale” e come, i motivi oggetto di ricorso, contengano una mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’ articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Una tale mescolanza è in linea di principio inammissibile, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto, in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione.
Infine, ha concluso la suprema Corte chiarendo come, il giudice di merito abbia accertato che il nascituro presentasse una condizione estremamente complessa caratterizzata da distocia severa e che in sede di chiarimenti resi al Tribunale dal CTU questi aveva evidenziato la gravità del caso derivante dall’ arresto di ambedue le spalle, tale da definire la distocia “insormontabile”.
Sulla base di tale presupposto di fatto, la corte territoriale ha valutato che il ginecologo avesse ritenuto inidonea l’adozione di interventi di prima linea, con conseguenziale rischio di ulteriore ritardo nell’ estrazione e che la limitazione di responsabilità ai sensi dell’articolo 2236 c.c., venisse in rilievo “in ragione della oggettiva sussistenza di soluzioni tecniche differenziali attuabili nella fattispecie e di speciale difficoltà stante la “severa” distocia”.